Primo giugno 2023 – 12 agosto 2024

È stato un bel viaggio. O meglio, un tentativo di fuga dalla realtà. I put an onion è nato da una rottura: quando qualcosa si spezza, l’energia liberata prende le forme più impensate. In questo caso si è fatta creatività e ha dato vita a questo spazio (quasi tutto) in scala di grigi, un giardino zen in cui nessuno poteva dirci cos’era o non era giusto/politicamente corretto coltivare. Un po’ come Roberto Budget, è tempo di bilanci: siamo riusciti a raggiungere gli obiettivi prefissati? Quanto abbiamo guadagnato? Come e dove ci vediamo da qui a 5 anni?

Ordunque, per raggiungere degli obiettivi, prima bisognerebbe averli e poi eventualmente fissarli; nel caso specifico, sono sempre stati un po’ fumosi. All’inizio, lo ammettiamo, non ci sarebbe dispiaciuto tirar su due spicci: vale il celebre pecunia non olet ma nel nostro caso esprime un rammarico poiché, se il denaro avesse davvero un odore allora magari anche noi, raffreddati dalla nascita, saremmo riusciti a seguirne le tracce. Ci viene in mente la storia vera di un nostro amico che, positivo al coronavirus, dimostrò a se stesso l’impossibilità di percepire gli odori infilando letteralmente il naso in una cipolla. Magari ve la racconteremo nella prossima vita. Considerato l’inesistente fiuto per gli affari, abbiamo tentato di spostare tutto su un piano filosofico, oseremmo dire educativo: da veri radical chic (prima e ultima volta che utilizzeremo questo termine odioso) avremmo voluto manipolare il pensiero di Massa Carrara e Lombarda senza volerlo veramente manipolare; avremmo voluto prendere le persone dal colletto e tirarle fuori da quelle trappole che i più chiamano social network; e avremmo voluto staccare la testa dei tanti amici che, dopo aver letto qualche post ci scrivevano “Ma non siete su Instagram? Dovete fare un account Instagram, per forza”. MAVAFFANCULOTUEINSTAGRAM!ÈPROPRIOQUELLOCONTROCUIVOGLIAMOCOMBATTERE!

“Ah, ma se non me lo dite…State calmi…”

“Ah, non te lo avevamo detto?”

“No…”

“Scusaci tanto”.

Non è stato il popolo bue, la becera folla che tanto impauriva il caro Manzoni: siamo stati noi, non siamo stati abbastanza chiari, non siamo stati in grado di comunicare le vere intenzioni dietro le manomissioni, le opere, i testi. Peccato. C’è un ma, tra gli “ooooohhhh” generali: un traguardo è stato infatti raggiunto, un piccolo grande risultato che ci riempie di orgoglio. Ovvero ridare dignità al giovedì, bistrattato da Robert Smith e soci. Siamo lieti di annunciare che giovedì è uscito dal brutto giro, ha trovato un lavoro onesto ed ora è un giorno della settimana come gli altri sei; secondo lo psicologo “permane un latente complesso di inferiorità rispetto al venerdì il quale però potrebbe scemare una volta che verrà introdotta la cosiddetta settimana corta”. Noi si che teniamo a te, caro giovedì, questa è la vittoria di tutti.

Secondo quesito: sarebbe più giusto dire – visto la scarsa inclinazione per il quattrino – cosa abbiamo guadagnato. E la risposta è: tante ore di spensieratezza, qualcosa di molto vicino alla felicità. Il guizzo, l’intuizione, l’idea, il non vedere l’ora di mettersi alla tavoletta grafica e dare corpo, buttare giù le righe a corredo, caricare e infine pubblicare. Ricaricare le pagine, rileggere. In qualche caso condividere. Ecco un’altra cosa che abbiamo guadagnato: stima. Si, probabilmente non tutti i nostri 4 lettori hanno detto la verità, per non urtare i nostri sentimenti forse. Ai più è sfuggito lo scopo (il quale, ripetiamo, non è mai stato al centro del progetto, siamo dei gauteriani convinti, sempre che quella che abbiamo prodotto sia veramente arte), altri si sono sinceramente entusiasmati. C’è posto per un solo rimpianto, legato a che cosa non siamo riusciti a guadagnare. Avevamo un sogno: che anche un solo misero utente, capitato per caso o grazie all’esiguo passaparola sulla homepage e poi nel labirintico menu, potesse cliccare sull’icona della busta e lasciarci un messaggio nella mail. Un’inezia, un “Io vi vedo”, “Ma che diavolo?”, “42”, qualsiasi messaggio sarebbe andato bene per darci un senso di realtà, di esistere. Ma probabilmente è meglio così, non si sta poi male nel mondo dei sogni, dei progetti, delle idee.

Sulla domanda più stupida e pretenziosa che sia mai esistita, tipica di un irresponsabile delle risorse umane: non smetteremo di essere putanonions. Quindi, non ce ne frega una cippa di quel che sarà. Quelli come noi vivono l’istante, che è già abbastanza doloroso e complicato da gestire, figuriamoci pensare ad una vastità come il futuro.

Ora è davvero tutto. Così è se vi pare e pure se non vi pare.

Vostri

IPAO