
L’avevamo promesso ed eccola: la nostra particolarissima dedica a Emanuel David Ginobili. Che ringraziamo in primis per averci consegnato la lettera (sveleremo il contenuto nella prossima manomissione); e poi per la carriera straordinaria. Quest’uomo qui sopra – che dopo essere entrato nella Hall of fame è stato assunto da Poste Internazionali, quando si dice l’umiltà – ha vinto tutto quello che poteva vincere. Partito da Bahia Blanca, passato (indenne) da Reggio Calabria e poi, da Bologna, volato negli Usa, ha conquistato tutti. Passione immensa, sacrificio e un cuore grande così. Mai un passo indietro, pur non essendo certamente una forza della natura. Iputanonion1 se lo ricorda ancora quando, durante una replica sulla fu Tele+, veniva catechizzato e un filo umiliato da Popovich il quale gli prese la mano nella sua e gli disse di non tremare, riferendosi al fatto che stava sbagliando molti tiri. Chissà cos’ha pensato Manu in quel momento. A giudicare da quel che cominciò a succedere fin dal primo anno con gli Spurs, poco o nulla. L’avevamo visto trionfare e fare il fenomeno in Eurolega perciò già un po’ nel cuore ce l’avevamo. Fu accolto a San Antonio come un mezzo sconosciuto: Duncan lo trattava come si tratterebbe un rappresentante della Folletto. Popovich non credeva esattamente in questo argentino dall’estro spiccato. Eppure. Eppure già dal primo titolo in maglia Spurs, che arriva subito, nella stagione 2003, Manu fa più della propria parte da rookie. Solo due anni dopo, ha il mondo cestistico ai suoi piedi: l’mvp delle meravigliose finali contro i Pistons va a Duncan, ma è chiaramente lui il vincitore morale di quel premio. Un anno prima ha portato l’Argentina alla medaglia d’oro olimpica. Vince ancora un titolo, nel 2007 e un altro, folle per motivi anagrafici, nel 2014 contro gli Heat di LeBron, Wade e Bosch. Sarà un paio di volte all’All-Star game (un pesce fuor d’acqua), sesto uomo e lo eurostep più immarcabile di sempre (l’ha detto McCollum, non iputanonion1).
Cosa voleva comunicare qui l’artista: le levatacce con sveglia alle 2,30 di mattina (tanto si andava all’università), le esultanze mimate per non svegliare i genitori, il batticuore quando la giocata andava a buon fine e lo sconforto se veniva stoppato o sbagliava il tiro. Un legame che non si può spiegare a parole, la sensazione quasi di conoscerlo, che ci si potrebbe parlare per ore. La faccia da bravo ragazzo, la dedizione maniacale a servizio del talento, il rifiuto di qualsivoglia scorciatoia. 16 anni passati in fretta.
Todos somos mortales hasta el primer eurostep y la segunda volcada de Manu
Mannaggia a te. Ci hai fatto commuovere.